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Martinelli Srl - Per farsi ricordare, meglio un profumo che un gioiello
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Per farsi ricordare, meglio un profumo che un gioiello

Farsi ricordare e sorprendere sono i due obbiettivi più importanti a cui son dedite buona parte delle energie degli uffici Marketing e comunicazione delle aziende. Associare un’emozione a un messaggio è il modo più sicuro per costruire un ricordo duraturo e se a ciò che comunichiamo con i mezzi visivi e con la parola riusciamo ad associare un’esperienza emotiva il gioco è fatto, è qui che viene in aiuto il profumo.  

 

Uno studio ha dimostrato che si ricorda il 35% di quanto si annusa, il 5% di ciò che si vede, il 2% di ciò che si sente e l'1% di ciò che si tocca. I ricordi legati ad un profumo si immagazzinano nel nostro cervello in modo permanente, creando dei cassetti di memoria olfattiva.

“Il legame stretto tra olfatto ed esperienza emotiva è stato un argomento discusso per molto tempo ed è stato concluso che gli odori possono avere la funzione di stimoli molto potenti e diretti per evocare stati affettivi. L’olfatto funziona senza preavviso, senza possibilità di proteggersi.

Le immagini olfattive, rispetto a quelle visuali, non invecchiano, rimangono intatte nel tempo e riaffiorano decenni dopo con la freschezza del primo giorno. Grazie alla funzione dell’odorato si capta l’essenza delle cose con immediatezza poiché l’olfatto esprime nella nostra psiche una memoria che resta in modo indelebile con noi; ci restituisce inoltre la possibilità di riconoscere le cose senza vederle e toccarle, ma captandone l’essenza, l’odore che da esse emana e che non dimentichiamo più.

La memoria olfattiva, quindi, ci permette immediatamente di connettere l'odore che sentiamo con un ricordo e con l'emozione che lo accompagna.

Il potere evocativo dell’olfatto è la conseguenza di quello emotivo, poiché l’odore è il veicolo della memoria e quindi si immerge nella dimensione profonda del ricordo, secondo i livelli emozionali che ha stimolato e può suscitare piacere o dispiacere (cfr. Auffarth, 2013).

La memoria di riconoscimento per gli odori ha ricevuto poca attenzione fino agli anni '70. Il primo studio è stato condotto da Engen e Ross (1973), ma la storia del profumo affonda le sue radici negli usi delle prime civiltà storiche."

 

I primi documenti che riguardano il profumo e i suoi usi risalgono all’epoca degli antichi egizi e all’utilizzo del profumo in ambito sacro, se in Egitto Cleopatra arrivò a profumare le vele delle sue navi nell’antica Roma non furono da meno e la mania del profumo contagiò tutti a cominciare dagli imperatori.

Nel Medioevo si iniziò a purificare e profumare le case bruciando alloro o rosmarino nei camini oppure cospargendo il pavimento con erbe profumate. Un modo per rendere più accoglienti le proprie dimore.

Presso le dame nobili si diffuse l’uso di sacchetti profumati da mettere nella biancheria alle essenze di violetta, lavanda e fiori d’arancio, una tradizione che fu portata avanti fino al rinascimento.

Da 4000 anni il “Naso” o maestro profumiere l’abilità resta sempre quella: saper cogliere le emozioni che trasmettono le essenze ed essere in grado di miscelarle, creando fragranze uniche. Creando profumazioni che sono vere e proprie opere d’arte sensoriali.

Credits: “La memoria episodica olfattiva: aspetti neurofisiologici e cognitivo” -   S.Invitto - Laboratorio di anatomia umana e neuroscienze dell’università del Salento.

 

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